11 Set Spazio alle case editrici
Libri in Cantina è il festival dedicato alla piccola e media editoria. Oltre ai grandi autori ospiti degli incontri principali, anche le case editrici presenti sono protagoniste di una serie di presentazioni con gli autori che si susseguono a ruota nei due giorni della kermesse.
Ogni casa editrice si affaccia su temi particolari, proponendo quella letteratura di nicchia che, in virtù della sua indipendenza, sceglie autori liberi di sperimentare linguaggi e prospettive tematiche. Come ad esempio Bottega Errante Edizioni, una casa editrice indipendente nata nel 2015 a Udine. Lavorando al nordest dell’Italia, confinando con l’Austria e la Slovenia, a Bottega Errante è venuto naturale guardare a Est, varcare il confine e fare ricerca in quelle culture e letterature. E a fianco a questa vocazione, costruire un catalogo di autori italiani di qualità, che raccontassero luoghi, città, viaggi. Bottega Errante propone al pubblico un’autrice raffinata, la poetessa Isabella Panfido. Panfido, veneziana, è stata giornalista radiofonica e come giornalista pubblicista collabora alle pagine culturali de “Il Corriere del Veneto”. Traduce dal russo e dall’inglese; sue poesie sono state tradotte in inglese, spagnolo, sloveno e croato. A libri in cantina Panfido porta il suo “Lagunario” e racconta, tre le altre isole, il Lido, Murano, San Giorgio, Sant’Erasmo. Nel libro troviamo dodici isole della laguna veneziana e per ognuna di esse l’autrice offre una mappa originale e poetica. Il suo andar per isole tende metaforicamente a un punto focale che è Venezia, la metropoli d’acqua, che dà un senso profondo a questo mirabile viaggio, e che l’autrice celebra a suo modo, sempre con amore. Una dichiarazione d’amore alle isole e alle acque “sacre, inviolabili” della laguna.
Restiamo a Venezia con “Utopia Giudecca – a cura di Corrado Poli – Anteferma Edizioni. Un ipotetico visitatore si reca alla Giudecca (Venezia) dieci anni dopo l’inizio di un utopico esperimento avviato sull’isola veneziana. Nel 2030 la Giudecca si era costituita come una zona franca, sottratta alle normative nazionali e governata in modo da essere autosufficiente per gran parte delle esigenze della popolazione. Oltre agli aspetti idrogeologici e materiali, quali costruzioni, produzioni alimentari, infrastrutture e rapporto con gli elementi naturali, il visitatore esamina altresì l’economia, il sistema educativo e il governo dell’isola. L’opera è ispirata e coordinata da un’introduzione narrativa che crea una visione d’insieme e rimanda ai contributi per gli approfondimenti. L’idea guida consiste in una riformulazione del rapporto tra umanità e natura elaborata adottando il metodo dell’utopia. La visita e la struttura del volume sono cadenzate sui giorni della settimana, ciascuno dei quali ispira la materia trattata. Utopia Giudecca è un punto di partenza aperto a nuovi contributi e approfondimenti. Anteferma Edizioni è una casa editrice specializzata in Architettura e spin off approvato dall’Università Iuav di Venezia. Fondata a Conegliano nel 2018, ha come suo obiettivo principale la disseminazione culturale della ricerca scientifica, con una spiccata attenzione per i temi della sostenibilità e della valorizzazione del territorio
Molti i libri dedicati al territorio e al paesaggio, dalle colline del Prosecco DOCG (omaggio dovuto) fino alle Dolomiti passando per il Monte Grappa e poi giù fino alla Sicilia e ai suoi dialetti.
Spazio anche ai temi sociali con il libro “Mezzo litro di latte. La parola ai testimoni e alle vittime dell’amianto”, Giacinto Bevilacqua, Alba edizioni. Mezzo litro di latte al giorno era l’antidoto somministrato agli operai che, nello svolgere la propria mansione, venivano a contatto continuo con la polvere di amianto. Si pensava bastasse. Per decenni generazioni di lavoratori hanno maneggiato l’amianto, materiale comune tanto apprezzato per la sua resistenza al calore quanto altamente nocivo per la salute. Se respirate, infatti, le polveri contenenti fibre d’amianto possono causare patologie mortali. Nel 1992 l’amianto è stato dichiarato fuorilegge in Italia. Tuttavia, l’ambiente ne è ancora pieno tanto è vero che le cause di infezione non vanno più cercate solamente nell’ambito lavorativo, ma nella sfera in cui si vive e la percentuale di persone che si ammalano è costante dal 2010. Prima il profitto, oggi l’indifferenza culturale, anche da parte delle istituzioni e della politica, rallentano la battaglia di civiltà contro l’amianto. Eppure, i morti e i malati parlano e ci indicano la rotta da cambiare prima possibile. La prefazione al libro la firma Felice Casson, già magistrato e senatore.
Molti gli affacci storici, come ad esempio “L’ultima notte del dottor Romani” di Eugenio Manzato per Cierre edizioni. «I tempi stavano cambiando, si stava preparando una nuova società in cui il merito personale avrebbe prevalso sui privilegi di nascita, dove le persone come me avrebbero avuto il loro posto e avrebbero portato il loro contributo alla comunità». Il discorso del conte Paolo Giustiniani induce il fanciullo Antonio Romani, che ama la terra e il lavoro dei campi, ad entrare in collegio per affrontare studi che lo porteranno a diventare medico e ad impegnarsi per migliorare la società secondo principi di libertà e giustizia. Egli riflette sulle vicende dei suoi quarant’anni di vita mentre nelle carceri nuove a Venezia, in quella che sarà la sua ultima notte, attende di essere giustiziato per cospirazione. È il 12 maggio 1797: Antonio ignora che quella sarà anche l’ultima notte della Serenissima. Sfilano nel suo intenso ricordo gli anni della fanciullezza nella campagna trevigiana, quelli del collegio a Venezia, l’amore giovanile per Caterina, il dolore per il tradimento; e poi via via l’impegno nella professione e nella politica. E un nuovo solido amore. Le vicende di Antonio Romani, medico e massone, negli ultimi decenni della Serenissima, da egli stesso rievocate l’ultima notte della sua vita. Eugenio Manzato, nato e cresciuto a Quinto di Treviso entra per concorso alla direzione dei Musei Civici di Treviso, dove rimane fino al 2001. Anche dopo l’uscita dal museo continua l’attività di storico dell’arte. Dal 2016, assecondando una vocazione giovanile, si è rivolto alla narrativa, scrivendo racconti e in particolare dedicandosi a questo ponderoso romanzo storico ambientato negli ultimi decenni della Repubblica di Venezia.
A volo d’uccello segnaliamo ancora “Touriolon” di Eros Viel per la Kellerman editore. “To(u)riolón” è colui che va a zonzo, il girovago. Il libro raccoglie 19 storie brevi e intense che raccontano di luoghi e persone incontrate per strada. La strada dell’amicizia, dell’incontro, dello scambio di esperienze. Escursioni tra Veneto e Friuli, a piedi e in bicicletta, in luoghi non necessariamente famosi, ma non per questo meno valevoli di attenzione. Il libro include le mappe illustrate dei percorsi (disegnate a mano).
Spazio alla filosofia con la proposta della Poligrafo editrice che a Libri in Cantina propone “Lo specchio delle muse” di Michele Santuliana, Marta Scaccia, Paola Valente. Con prefazione di Davide Susanetti. Una fanciulla che sfida la divinità in una gara estrema quanto disperata, un titano condannato ad atroci supplizi fra le rocce del Caucaso, una madre furibonda alla ricerca della figlia scomparsa, una donna che rompe il proprio silenzio per parlarci di un marito destinato a un futuro al quale lei non potrà partecipare. Sono solo alcune delle storie che si ritrovano in questa raccolta di racconti. Ancora “destini incrociati”, vite che si intrecciano, attinte in questo caso dall’inesauribile patrimonio culturale che è il mito greco-romano. Michele Santuliana, è laureato in Lettere classiche e Storia antica a Padova. Marta Scaccia, laureata in Italianistica a Bologna con una tesi sulla persistenza del mito nella letteratura contemporanea. Paola Valente, appassionata di mitologia, di fiabe e di racconti popolari, è autrice di numerosi libri per l’infanzia e l’adolescenza.
Ci spostiamo in India con Laila Wadia che grazie a Vita Activa edizioni scrive “Algoritmi indiani”, La parola alle donne per descrivere l’India moderna, con i suoi incantesimi e i suoi problemi, lontano dagli stereotipi di miseria e di sottomissione, senza nascondere la ferocia di scontri etnici, economici e generazionali. La storia viene raccontata dalla giovane Rani che lavora nel call center di una multinazionale americana a Mumbai. Rani è consapevole della sua condizione privilegiata, avverte però l’inconciliabile frattura tra le aspirazioni delle sue coetanee e i vincoli imposti dalle antiche tradizioni del suo Paese. La vicenda si svolge nel giorno in cui Rani decide di licenziarsi e si trova a viaggiare in treno in una carrozza di seconda classe riservata a sole donne. Il viaggio dura poco più di un’ora, ma questo tempo è sufficiente a catapultare Rani nei diversi mondi delle sue compagne di viaggio. Scopre le storie di tante donne di diversa estrazione sociale, religione ed età. Sente dei soprusi subiti da alcune, si stupisce del coraggio di altre di cui non avrebbe immaginato la ribellione in quanto povere e analfabete. Realizza che, alla fine, le donne sono tutte avatar della dea madre, algoritmi di esperienza e speranza.
In “La voce segreta del mare” firmato da Diana Lorena Camerini per Linea Edizioni troviamo ancora una donna viaggiatrice: Ligheia ha la passione della pittura e diventa presto un’artista affermata. A poco più di vent’anni, durante un viaggio ha un incontro speciale che le fa scoprire un aspetto sconosciuto di sé. Questa rivelazione la sconvolge e, tornata a casa, si confida con la madre. Sirio, che aveva sempre tenuto la figlia all’oscuro, si vede costretta a raccontarle tutta la verità. L’ulteriore scoperta dell’esistenza di Scilla – una cugina che non sapeva di avere, ricoverata in un ospedale in Germania – rende ancora più acuta la profonda crisi d’identità di Ligheia. Dentro di lei si scontrano due nature irriducibili e opposte. Nel momento in cui sta scegliendo quella che le infonde una gioia assoluta, la depressione della madre lo impedisce, obbligandola a rimanerle accanto. Dopo anni di amorevole accudimento, durante i quali Ligheia quasi si annulla, finalmente a Milano incontra Stanislao, l’amore della sua vita. Da questa unione nascerà Nina. Un giorno, facendo ordine in casa, in un cassetto scopre un indizio che la porta fino a Ginostra, sull’isola di Stromboli. Nell’arco di una notte trascorsa in mare affronterà varie prove che la porteranno a trovare la risposta a tutti i dubbi.
Una grande donna fu senz’altro Eleonora Duse e la casa editrice Antiga dedica alla divina il bel libro “Eleonora Duse. L’ultimo rifugio Asolo e la divina del teatro” di Mario Consani. Dodici maggio 1924, il finale annunciato. Nella cittadina veneta dove ha scelto di riposare per sempre, va in scena l’ultimo spettacolo di Eleonora Duse – la più importante attrice di teatro del suo tempo, forse la più grande di sempre, capace di mandare in delirio platee di spettatori – che si è spenta tre settimane prima in un albergo di Pittsburgh in Pennsylvania, Stati Uniti. Ad accompagnarla nel piccolo cimitero di S. Anna è un corteo interminabile che si snoda lungo le strette vie del paese in lutto. Attori, scrittori, amici, intellettuali, ma anche un sottosegretario del governo Mussolini, le autorità locali e regionali, i notabili del paese e la gente comune. C’è pure un rappresentante politico dell’opposizione, il deputato di Rovigo Giacomo Matteotti. Ma la storia d’amore tra Asolo e Eleonora, già astro nascente dei palcoscenici di mezzo mondo, persona libera e dalla vita sentimentale movimentata, comincia trent’anni prima, nel 1892. La diva è ospite di un’amica americana a La Mura, fascinosa dimora alle porte della città, e decide che sarà quello il paese dove trovare serenità negli intermezzi di una vita girovaga condotta tra le stanze d’albergo di tutto il mondo. E ad Asolo la Duse tornerà in più riprese, ora ospite di altri amici in Villa Belvedere, ora nelle due camere riservate a lei all’Albergo al Sole, che si affaccia sulla piazza principale della città. E alla fine, dopo il lungo legame con Arrigo Boito e quello tempestoso con Gabriele d’Annunzio, e dopo il clamoroso ritiro dalle scene, ecco che ad Asolo ritorna impegnandosi nella ricerca di una casa che vorrebbe fosse davvero sua, la prima mai posseduta nel corso della sua esistenza nomade. È Casa dell’Arco in via Canova la dimora prescelta. La palazzina verrà comprata dalla figlia Enrichetta, in memoria della madre, cinque mesi dopo la sua morte. A corredo del testo, fotografie d’epoca anche inedite dell’attrice e dei suoi funerali.
Molti altri ancora gli incontri con gli autori proposti dalle diverse case editrici, il programma completo è consultabile qui: https://www.libriincantina.it